La morte di Pino Daniele ha sconvolto milioni di fan e in particolare di napoletani. Il cruccio più grande? La tragedia si poteva evitare.
Ne è certa Luisa Regimenti, presidente nazionale dell’Associazione Medicina Legale Contemporanea e consulente della seconda moglie di Pino Daniele, Fabiola Sciabbarasi.
Proprio la vedova di Pino Daniele la incaricò di far luce sulle ultime, drammatiche ore del cantautore napoletano. A provocare la sua morte furono quindi delle scelte profondamente sbagliate, anche se tutte fatte in completa buona fede e solamente per amore.
Proprio per questo motivo non si riesce a essere troppo duri con colei che per anni ha dovuto sostenere il peso schiacciante del ricordo di quella notte.
Quando Pino Daniele ebbe il malore che lo avrebbe presto condotto alla morte si trovava nella sua villa di Magliano in Toscana, nella Provincia di Grosseto.
Insieme a lui la donna che gli fu accanto negli ultimi anni della sua vita, dopo la separazione dalla moglie Fabiola: Amanda Bonini.
Perché la morte di Pino Daniele può essere considerata omicidio?
Poco dopo aver accusato il malore, Pino Daniele venne caricato in macchina dalla compagna Amanda Bonini, la quale si precipitò verso l’ospedale Sant’Eugenio in Roma, dove prestava servizio il cardiologo che aveva in cura il cantautore.
Pochi minuti dopo la partenza dell’auto verso l’ospedale di Roma, alle porte della villa di Daniele arrivò l’ambulanza dell’ospedale di Grosseto, che era stata chiamata poco prima.
Secondo il medico legale se Pino Daniele fosse stato portato in ospedale a Grosseto probabilmente sarebbe sopravvissuto. Ad ucciderlo sarebbe stata quindi l’attesa troppo lunga tra i primi sintomi del malore e il primo soccorso.
La folle corsa di Amanda Bonini, infatti, non bastò a far arrivare Pino Daniele in tempo al Pronto Soccorso: quando gli infermieri si precipitarono sul cantautore si resero conto che, purtroppo, non c’era più niente da fare.
A peggiorare ulteriormente le cose anche il fatto che Pino Daniele fece il viaggio da seduto in automobile, anziché essere coricato sul sedile posteriore. Questo avrebbe provocato un accumulo di sangue nelle zone inferiori del corpo, privando più velocemente gli organi vitali del sangue necessario alla loro sopravvivenza.
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Secondo la consulente legale di Fabiola Sciabbarasi, quindi, quello che si consumò quella maledetta notte del 4 Gennaio 2015 fu un vero e proprio omicidio colposo, commesso cioè per negligenza e naturalmente senza l’intenzione di uccidere.
Secondo i legali della famiglia di Daniele, però nessuno si sarebbe mai impegnato a fare davvero luce sulla vicenda.