Quota 103: cosa conviene fare? Meglio accettarla o rinunciarvi? Il Governo offre un bonus importante a chi rifiuta il nuovo canale di uscita anticipata noto come Quota 103.
La nuova finanziaria 2023 prevede bonus per chi resta al lavoro e non va in pensione. Ma non è del tutto chiaro a chi spetta e a partire da quando tale bonus sarà disponibile. Ecco un chiarimento su tutti i dettagli della novità.
Molti lavoratori si stanno domandando se davvero conviene non andare subito in pensione richiedere il particolare “aumento” previsto dal Governo Meloni per chi rifiuta la Quota 103. In pratica, tutti i lavoratori dipendenti, quindi sia del pubblico che del privato, in possesso di 62 anni e 41 di contributi potranno optare entro il 31 dicembre 2023 la corresponsione in busta paga della quota di contribuzione a loro carico. Ciò è stabilito da una norma, l’articolo 1, comma 286-287 della legge n. 197/2022.
Un bonus che consente ai lavoratori che abbiano raggiunto, o che raggiungano entro il 31 dicembre 2023, i requisiti per Quota 103 di chiedere al datore di lavoro il versamento in busta paga della quota di contribuzione a loro carico anziché destinarla al finanziamento della pensione.
Coloro che hanno maturato o stanno per maturare i requisiti di 62 anni di età e 41 anni di contributi entro il 31 dicembre 2023 avranno dunque tre opzioni. Uno: andare in pensione con Quota 103. Due: restare a lavorare senza richiedere il bonus (e ritrovarsi poi i soldi in pensione). Tre: restare in servizio ed optare per la corresponsione in busta paga della quota di contribuzione che di norma il datore di lavoro versa all’INPS per conto del dipendente.
Il bonus per chi rifiuta la Quota 103: come funziona
In pratica il Governo vuole incentivare a restare in servizio i lavoratori dipendenti. La norma assomiglia molto al vecchio bonus Maroni, scaduto nel 2007. La nuova quota di contribuzione a carico del dipendente è di regola pari al 9,19% della retribuzione pensionabile che il datore di lavoro trattiene dalla busta paga, e verrà corrisposta al dipendente e non riversata all’INPS. Questo è in pratica lo scenario.
Quindi il lavoratore otterrà una busta paga più alta per tutta la durata dell’incentivo. E quando poi andrà in pensione? Al quel punto si ritroverà con un assegno più basso. Per il datore di lavoro, sostanzialmente, non cambia niente: dovrà continuare a versare all’INPS la quota di contribuzione a suo carico (di regola il 23,81%) sulla retribuzione pensionabile erogata al dipendente.
E qui è doveroso farsi una domanda. Il bonus per chi rifiuta la Quota 103 conviene? Un lavoratore con lo stipendio di circa 2000 euro riceverà un aumento netto in busta paga di circa 70 euro al mese (per tutta la durata dell’incentivo. Cioè per due, tre, quatto anni e così via. In cambio, quando maturerà l’età per la pensione di vecchiaia, dovrà rinunciare a un netto mensile di circa una trentina di euro per sempre. Quindi ognuno potrà farsi i propri calcoli in base alle esigenze specifiche.
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Per l’attuazione della misura si attende ancora un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Quindi ci vorrà del tempo.