Per Lucio Presta, manager di Amadeus e di molti altri volti RAI, il Festival di Sanremo è arrivato alla fine: per sopravvivere deve cambiare.
Si tratta di considerazioni piuttosto inaspettate dopo l’enorme successo dei Festival diretti da Amadeus, ma le motivazioni di Lucio Presta sono molto serie e non dovrebbero essere prese sotto gamba.
Lucio Prestal, che cura molto da vicino la comunicazione di Sanremo, ha affermato che il Festival è cambiato moltissimo negli ultimi anni. In particolare la strategia comunicativa è diventata “narrativa”.
Prima la comunicazione in merito al Festival veniva effettuata attraverso un’intervista esclusiva del direttore artistico a una testata giornalistica prestigiosa. Prima e dopo quell’intervista c’era un deserto assoluto. Negli ultimi anni invece le comunicazioni e le rivelazioni sul Festival durano per mesi e sono riuscite a coinvolgere un pubblico sempre più ampio.
Questo ha fatto sì che il Festival diventasse un evento sempre più importante e internazionale e, proprio per questo motivo c’è bisogno di rinnovarlo completamente, almeno secondo Lucio Presta.
Per oltre settant’anni il Festival di Sanremo ha “fatto rima” con il Teatro Ariston, considerato ormai tutt’uno con la manifestazione, una cornice irrinunciabile destinata a rinnovare la sua funzione anno dopo anno.
Secondo Presta si tratta di un errore di valutazione. Come riporta Open, il manager di Amadeus ha dichiarato: “Un giorno si dovrà abbandonare l’Ariston e costruire un Palafestival, anzi esorto il proprietario Walter Vacchino e l’amministrazione comunale e regionale a pensare presto a questo progetto. Stiamo parlando del più grande evento televisivo italiano, qualcosa che non ha eguali in Europa ed è incredibile che lo si faccia all’interno di un cinema. Incredibile o forse molto italiano!”.
Le osservazioni di Presta non sono completamente campate nel vuoto. Di tanto in tanto tornano a sollevarsi polemiche in merito all’inadeguatezza strutturale dell’Ariston e di molte altre location. Per esempio gli orchestrali hanno ripetutamente denunciato di essere costretti a fare lunghi spostamenti per finire a provare in sale prove inadatte alle loro esigenze ma che sono proprietà di “persone vicine” a chi organizza il Festival.
Anche questo, direbbe certamente Presta, è molto italiano. Qualcosa cambierà? Considerando il fatto che sul palco dell’Ariston per il 2023 si attende una carrellata di artisti quasi novantenni, pare proprio che la rivoluzione del Festival dovrà aspettare ancora parecchio tempo.
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